1° Mondiale ” Lo Stesso Mare”
1° Mondiale di Fabio Vacchi ” Lo Stesso Mare” opera che ha aperto dopo 20 anni di chiusura
Al Petruzzelli la «prima» Lo stesso mare
Lo stesso mare per Vacchi e Oz
l’EVENTO
Al Petruzzelli la «prima» tanto attesa
Brilla la scena multimediale di Tiezzi e Aulenti
Gli applausi dopo la rappresentazione
BARI – Fabio Vacchi è tra i compositori più richiesti e affermati in Europa. Insomma, una persona che per un teatro fa la differenza in tema di nuova musica. E, infatti, la prima al Petruzzelli dell’opera Lo stesso mare, tratta dall’omonimo romanzo dell’israeliano Amos Oz, è stato un evento culturale. Va subito detto che la scrittura di Vacchi è raffinata e rigorosa, ma poco comunicativa. Né può risultare più estroversa al servizio di un romanzo con un frammentato intreccio di prosa e poesia, attraverso il quale l’autore mostra i rapporti erotico-sentimentali cresciuti intorno a una famiglia disgregata, metafora delle relazioni sociali nell’era di Internet. Dal matrimonio tra lo stile di Vacchi e un testo svincolato dai canoni classici della narrazione, non poteva nascere altro se non un lavoro che chiama a rapporto molti piani di percezione, da rappresentarsi inevitabilmente in chiave multimediale, quale quella scelta dal regista Federico Tiezzi con l’architetto e scenografa Gae Aulenti.
Nell’eccesso di comunicazione cui l’opera e l’allestimento sottopongono lo spettatore, tra voci recitanti, voci dei cantanti, voci elettroniche, livelli scenici di un condominio a più piani, e – ancora – proiezioni di email e loop di immagini su schermi, forse non è un caso che Tiezzi, autore di uno spettacolo indovinato nella sua inconfondibile e algida cifra stilistica, scelga di rendere omaggio (con tanto di citazione da Zabriskie Point, in scena e in video) al maestro dell’incomunicabilità Michelangelo Antonioni, nonché al cinema più in generale con continui stop-motion, utili a fermare il momento mentre scorre l’overdose di informazioni con l’inafferrabile moto perpetuo della partitura. Questo flusso magmatico, nel quale sono metabolizzate le principali esperienze delle avanguardie storiche, è una matassa con molti fili. E per sbrogliarla Alberto Veronesi ha l’empatia giusta con l’Orchestra del Petruzzelli, del quale è stato appena nominato direttore stabile.
La prima de “Lo stesso mare” di Fabio Vacchi
La prima de “Lo stesso mare” di Fabio Vacchi
Bari – VA dato atto a Giandomenico Vaccari, Sovrintendente della Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari, della caparbietà (da oggi “(gian)domenicana”) nel perseguire il lungimirante obiettivo di caratterizzare il suo mandato di Direzione Artistica, nel delicato momento della rinascita del Politeama barese, all’insegna della coerente modernità del Nuovo Teatro Petruzzelli. E quindi, di accompagnarne la programmazione tradizionale con una serie di scelte coraggiose, per fare del Petruzzelli “una grande vetrina della musica contemporanea italiana ed internazionale”.
L’intero progetto, culminato con la prima mondiale, de “Lo stesso mare” del maestro Fabio Vacchi, (il compositore di musica contemporanea italiano più eseguito nel mondo e ora “Composer in residence” al Petruzzelli), tratto dall’omonimo romanzo di Amos Oz, con la regia di Federico Tiezzi, la direzione d’orchestra di Alberto Veronesi e le scenografie di Gae Aulenti, corona un percorso impervio e proietta il Teatro, la sua Orchestra e la stessa giovane Fondazione in una dimensione internazionale insperata solo due anni fa. Per cui, è stata già anticipata dal Presidente e Sindaco, Michele Emiliano, la richiesta al CdA di riconferma dell’incarico in scadenza.
All’evento barese non ha voluto mancare lo scrittore israeliano, famoso per il suo altrettanto caparbio impegno per la Pace, che non ha smesso di ringraziare il compositore bolognese, per aver realizzato il sogno dell’autore. Un lavoro che “avrebbe voluto fare il musicista mancato Oz, ma che non avrebbe saputo fare meglio”. Il mare, il deserto, il giardino. Tre elementi della più intima identità ebraica, uno per ogni atto dell’opera, che fanno da sfondo a una quotidianità israeliana molto più universale di quanto in troppi ancora non vogliono riconoscere. Un Eden, una culla di pescatori e una landa di sabbia, per celebrare l’amore e la vita in tutte le loro declinazioni. Perché anche il deserto diventa vita, quando si decide di abitarvi per amore di un figlio asmatico, come è successo allo stesso autore quando decise di stabilirsi nel Neghev.
Chiara Taigi nel ruolo di Bettin
Italian Soprano Conquers Palm Beach Opera as Tosca
When Palm Beach Opera artistic director Bruno Aprea strode into the pit Friday evening to lead the second act of Tosca, there wasn’t just applause from the Kravis Center audience. There were cheers.
Aprea and the orchestra were the biggest stars of this finely paced, tension-filled performance, giving a darkly lustrous account of Puccini’s score.
There were other highlights as well. The hefty voice of soprano Chiara Taigi brought an unaccustomed depth and worldliness to the role of the renowned singer Floria Tosca. Sets and direction were traditional and effective, with realistic portrayals of the church interior, police chief’s office and ancient Roman castle in which the desperate final actions of Tosca’s life took place.
But it was Aprea and the orchestra that were the most consistently effective element of the production. In this core work of the Italian repertoire, orchestra and conductor were entirely in their element. With the exception of some out-of-tune solo string playing just before the third-act tenor aria E lucevan le stelle, the playing was technically immaculate. There were many great moments: the ominous flute playing as Scarpia threatens Tosca and Cavaradossi, the dark twisted sounds that accompany the police chief’s scheming in Act 1, the grinding, tension-filled passages as the torturers work on Cavaradossi.
Fittingly, the role of Tosca was taken by a native of the city of Rome. Chiara Taigi’s rich soprano and subtle acting gave Tosca unusual depth and maturity. Rather than engaging in a succession of over-the-top, jealous diva poses, she gave a realistic – within the bounds of the art form – portrait of a woman of warmth, emotional turmoil and frantic courage. Her singing wasn’t always even or accurate, particularly in the first act, as she berates Cavaradossi about the beautiful blonde woman in his church painting. But her Vissi d’arte was a moving, breathing and emotionally committed performance. Her murder of Scarpia, rather than being a moment for shrieking dramatics, was creepily intimate as she murmured to him to die.